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Il Trecento: scenario storico e letterario

Il Trecento (corrisponde al secolo XIV → leggi quattordicesimo secolo, cioè il 1400) è un secolo di crisi economica, sociale e demografica in tutta Europa.

Quali sono le cause della crisi del Trecento?

Nel Trecento l’incremento demografico che aveva caratterizzato il secolo precedente cominciò a mostrare i suoi effetti negativi. I raccolti, infatti, non bastarono più per tutti e molte terre divennero improduttive a causa dell’intenso sfruttamento a cui erano state sottoposte.

La scarsità delle risorse agricole determinò una crisi in tutti i settori dell’economia: diminuirono gli scambi commerciali e di conseguenza il lavoro artigianale; fallirono molte grandi compagnie di banchieri. Per milioni di persone ricomparve lo spettro della fame.

Ad aggravare la situazione, nel 1348 si propagò una terribile epidemia di peste, la “peste nera” immortalata da Boccaccio nel Decameron. Essa provocò una vera e propria catastrofe demografica, riducendo di circa un terzo il numero degli abitanti d’Europa. Le conseguenze furono disastrose sul piano economico: regredì la produzione agricola; si ridusse il commercio, l’attività artigianale e manifatturiera.

Quali furono le conseguenze della crisi del Trecento?

Il “ritorno alla fame” ebbe rilevanti ripercussioni sociali. Infatti, il generale impoverimento esasperò le già drammatiche condizioni dei ceti più sfruttati. Scoppiarono rivolte contadine e cittadine che crearono uno stato di forte tensione e conflittualità.
Anche in Italia, a Firenze, scoppiò nel 1378 una sommossa degli artigiani della lana, la Rivolta dei Ciompi.

La crisi profonda della Chiesa

Il Trecento si aprì con il Giubileo della storia cristiana, indetto da papa Bonifacio VIII. Con esso il prestigio del papato risultò rinsaldato e accresciuto, tanto che Bonifacio VIII si sentì forte abbastanza per lanciare la sfida ai sovrani europei a riconoscere la sua autorità non solo in campo spirituale ma anche in quello temporale.

Il papa, però, entrò in conflitto con i sovrani dei nuovi Stati nazionali, in particolare con il re di Francia Filippo IV il Bello, il più risoluto nel rifiutare di sottomettersi all’autorità del pontefice (Bonifacio VIII e i contrasti con Filippo il Bello).

Seguirono 72 anni in cui la sede papale si spostò da Roma ad Avignone (1309-1377). Si trattò del lungo periodo della Cattività avignonese, durante il quale il re di Francia impose il proprio controllo sui papi, condizionandone l’elezione e determinando la loro politica a proprio vantaggio.

Ciò portò a una divisione all’interno della Chiesa cattolica, detta Scisma d’Occidente (1378-1417). Si trattò della prima grande lacerazione nel corpo della cristianità occidentale che vide l’esistenza contemporanea di due papi: uno con sede a Roma e uno con sede ad Avignone.
Tale situazione naturalmente provocò un grande sconvolgimento e disorientamento nel mondo cristiano e la nascita di nuovi movimenti ereticali.

Conflitti fra Stati nazionali e Passaggio dal Comune alla Signoria

Il Trecento vide l’affermarsi in Europa degli Stati nazionali. Se lo stato feudale era frazionato e la sovranità dispersa in una miriade di piccole Signorie locali, il moderno Stato nazionale tendeva all’accentramento dei poteri e all’unificazione del territorio sotto un unico governo centrale.

Gli Stati nazionali, però, erano spesso lacerati da conflitti dinastici interni; il contrasto fra Francia e Inghilterra sfociò addirittura nella lunghissima Guerra dei Cent’anni.

In Italia si consolidarono le divisioni tra i vari Stati. Al centro-nord i Comuni si trasformarono in Signorie e successivamente in Stati regionali: i più importanti furono Milano, Venezia e Firenze. Al centro lo Stato della Chiesa era diventato uno stato regionale. Il sud era diviso tra il regno di Napoli, dominato dai Francesi, e il regno di Sicilia, in mano agli Spagnoli.

La crisi del 300 determinò un cambiamento di mentalità

Questi sconvolgimenti economici, sociali e politici determinarono un lento ma radicale cambiamento di mentalità.

Fino ad allora la cultura era stata quasi esclusivamente religiosa. I principali centri di studio, infatti, erano nei monasteri o annessi alle chiese; la disciplina più importante era la teologia, cioè lo studio dei libri sacri; gli studiosi erano quasi tutti ecclesiastici.

Nel Trecento, invece, nacquero le università e centri di studio gestiti da laici; si affermò l’uso del volgare scritto al posto del latino; aumentò l’interesse nei confronti delle vicende umane, da quelle politiche a quelle sentimentali.

L’Italia si trovò al centro di tale rinnovamento culturale: Firenze, Napoli, Venezia, Padova, Verona, Milano si arricchirono della presenza di numerosi uomini di cultura e di artisti provenienti da altre parti d’Italia. I Signori facevano a gara nell’attirare intellettuali di varia competenza (letteraria, scientifica, artistica), disponibili a dare lustro alla città o alla corte signorile.

La cultura italiana iniziò così ad assumere quella centralità che la caratterizzò nel secolo successivo (il Quattrocento), grazie soprattutto a tre straordinarie personalità di intellettuali: Dante AlighieriFrancesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.

Nel Trecento si afferma il volgare fiorentino

I capolavori di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, scritti in volgare fiorentino (che era la lingua parlata quotidianamente dalle persone colte di Firenze), hanno posto le basi della nostra lingua nazionale (leggi La lingua italiana dalle origini ad oggi).
L’affermazione del volgare fiorentino è legata a due motivi fondamentali:

  • esso mantenne una più stretta somiglianza con il latino; era pertanto compreso facilmente anche al di fuori del territorio di Firenze da tutte le persone colte che, pur utilizzando un altro volgare locale, conoscevano il latino;
  • grazie ai loro contenuti innovativi, in grado di affascinare un vasto pubblico, le opere di questi tre autori conobbero una straordinaria diffusione e furono oggetto di imitazione nell’epoca successiva.
    Il volgare fiorentino si avviò così a diventare una lingua letteraria, sempre più utilizzata dalle persone colte in alternativa al latino.

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