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Iliade Libro 24 riassunto

Iliade Libro 24 (XXIV) è il capitolo conclusivo dell’opera tradizionalmente attribuita ad Omero, insieme all’Odissea. Il libro 24 dell’Iliade narra la restituzione del corpo di Ettore da parte di Achille a Priamo, re di Troia e padre di Ettore, perché gli dia una sepoltura onorevole; i funerali di Ettore concludono il poema.

Iliade libro 24: vediamo nel dettaglio cosa succede.

Achille infierisce sul cadavere di Ettore

Dopo i giochi funebri, organizzati ed eseguiti per rendere gli onori a Patroclo, gli Achei tornano alle tende e, dopo aver mangiato, s’abbandonano al riposo. Achille però non riesce a dormire e piange l’amico Patroclo. Insonne, inquieto, furioso, Achille non sa rassegnarsi alla morte e infierisce ancora sul cadavere di Ettore, che trascina di nuovo intorno alla tomba di Patroclo. Tuttavia, per intervento di Afrodite e di Apollo, il corpo di Ettore è preservato dalle ingiurie e dalla corruzione.

La pietà degli dèi

Tutti gli dèi hanno pietà per Ettore e vorrebbero mandare Ermes a sottrarre il suo corpo dalle mani di Achille, nonostante il parere delle divinità più fieramente avverse ai Troiani (Era, Atena e Poseidone).

Dopo dodici giorni dalla morte di Ettore, Apollo nel concilio degli dèi, accusa apertamente Achille di disumanità e minaccia una ritorsione contro di lui. Era, moglie di Zeus, replica sostenendo che non si può attribuire lo stesso onore a Ettore, un mortale, e ad Achille, che è figlio della dea Teti.

L’intervento di  Zeus

Zeus interviene a risolvere la contesa. Il re degli dèi convoca Teti sull’Olimpo e le ordina di convincere suo figlio Achille a restituire il corpo di Ettore dietro compenso di un ricco riscatto. Teti ubbidisce e si reca dal figlio, che acconsente al volere di Zeus.

Zeus invia a Troia Iride, la messaggera degli dèi, perché suggerisca a Priamo di recarsi alla tenda di Achille con ricchi doni, per riscattare il cadavere del figlio.

Priamo decide di partire

Riscosso dal suo dolore e rinfrancato dall’attenzione del dio, Priamo informa la moglie Ecuba dell’apparizione e delle indicazioni ricevute.

Ecuba, i suoi figli e gli stessi Troiani cercano di dissuaderlo, ma il vecchio re, compiuto un rito propiziatorio a Zeus, fa deporre ricchissimi doni su un carro, lo affida al vecchio araldo Ideo e si allontana dalla città sul suo cocchio, seguendo il carro.

Ermes scorta Priamo fino alla tenda di Achille

Ermes protegge il cammino di Priamo e Ideo. Quando scende la sera i due vecchi si fermano sulle rive del fiume Scamandro per far abbeverare mule e cavalli; il dio Ermes si presenta loro nelle sembianze di un giovane mirmìdone. Dice di aver molto ammirato il coraggio di Ettore e fornisce al re, che gli ha chiesto di fargli da guida e da scorta, altre rassicurazioni: nonostante siano trascorsi dodici giorni dalla sua morte, il corpo di Ettore è intatto perché gli dèi lo preservano dalla corruzione.

Ermes (sotto le sembianze del giovane mirmìdone) guida poi i due vecchi all’accampamento acheo, apre le porte del campo, addormenta le sentinelle e li conduce alla tenda di Achille. A quel punto si rivela al re e gli offre consigli su come persuadere Achille: commuoverlo col ricordo del padre, poi scompare e risale sull’Olimpo.

Priamo alla tenda di Achille

Il re di Troia entra nella tenda di Achille e si getta supplice ai suoi piedi e in più gli bacia le mani in un gesto estremo, non rituale, che suscita sorpresa.

Priamo invita subito Achille a ricordarsi di suo padre Peleo, vecchio come lui e come lui angustiato. Achille fa alzare il vecchio Priamo, perché non vuole che continui a umiliarsi (l’accenno di Priamo a Peleo ha già avuto i suo effetti!).

In un lungo discorso, Achille parla a Priamo della comune infelicità umana: a differenza degli dèi, gli uomini vivono nel dolore. Anche se Zeus dà a un uomo una sorte felice, nella sua vita arriverà prima o poi una parte di sofferenza, come Peleo, che ha avuto ricchezza, splendore, una dea come sposa, ma un solo figlio destinato a morire presto e lontano da lui; o come Priamo stesso, che regnava su una vasta terra, ricco di potere e della gloria di figli valorosi di cui la guerra lo ha però privato. Ma c’è anche chi, più sventurato ancora, ha avuto da Zeus solo la malasorte ed è destinato ad avere sempre e solo affanni.

Achille e Priamo sono ora riconciliati. Achille accetta il riscatto che il re gli offre e dà alle sue ancelle l’ordine di lavare e ungere il corpo di Ettore, affinché il padre non soffra troppo nel vederlo. Invita poi Patroclo, ora nell’Ade, a non adirarsi per il rilascio di Ettore e gli promette una parte del riscatto.

Deposto il cadavere sul carro di Priamo, Achille offre a Priamo e a Ideo (l’araldo che lo accompagna) da mangiare e da dormire. Priamo accetta e Achille fa preparare i letti. Concorda con il vecchio re una tregua di undici giorni per la celebrazione dei funerali di Ettore; poi i combattimenti riprenderanno, secondo la volontà del destino.

Durante la notte, il dio Ermes compare a Priamo e lo invita a lasciare subito l’accampamento greco per non correre il rischio di essere fatto prigioniero da Agamennone e dagli altri Greci. Il dio stesso aggioga i cavalli e i muli e guida Priamo e l’araldo attraverso il campo acheo, senza che nessuno li veda. Una volta che i due sono giunti al sicuro al guado del fiume Xanto, Ermes risale all’Olimpo.

Il rientro a Troia

È l’aurora quando Priamo e Ideo giungono in vista delle mura di Troia, dall’alto delle quali li scorge Cassandra, figlia di Priamo; avvisa, svegliandoli, tutti gli abitanti di Troia. Tutto il popolo accorre piangendo mentre gli aedi intonano il lamento funebre insieme alle donne in lutto.

I pianti delle donne

Andromaca compiange lo sposo morto prematuramente, se stessa rimasta vedova, il piccolo figlio Astianatte, ormai orfano, la città priva di difensore. Prevede che presto la città cadrà; le donne saranno portate via come prigioniere; il bambino sarà destinato anch’egli alla schiavitù oppure sarà gettato dalla torre per vendetta da un Acheo a cui Ettore ha ucciso un familiare. Ma più di tutto Andromaca ricorda la propria perdita, la più grave di tutte: Ettore è morto lontano da lei, senza poterle dare un ultimo abbraccio, senza dirle una parola intensa.

Ecuba nel suo lamento funebre ricorda gli altri suoi figli fatti prigionieri da Achille e venduti in isole lontane; poi l’accanimento di Achille contro il corpo di Ettore, per sottolineare che tanta crudeltà non poteva far resuscitare Patroclo e non ha minimamente sfigurato il figlio rimasto perfetto e intatto come se fosse appena morto per una freccia benigna di Apollo (gli antichi definivano così le morti improvvise e indolori).

Elena pronuncia il suo lamento per terza. Ella di Ettore rimpiange la generosità, che ha alleviato la sua solitudine in una terra straniera nella quale è odiata da tutti.

I funerali di Ettore

Su invito di Priamo, il popolo erige una grandissima catasta di legna, sulla quale il corpo di Ettore è cremato. Non ci sono sacrifici umani, né uccisioni sacrificali di animali come era avvenuto per i funerali di Patroclo.

Le ossa raccolte vengono disposte in una cassa d’oro che viene poi sepolta sotto un tumulo di pietre e di terra. Le sentinelle vegliano sulla tomba per proteggerla: la tregua sta per terminare.

Le celebrazioni funebri terminano con un solenne banchetto che Priamo offre a tutto il popolo per onorare il figlio morto e per confortare i Troiani dopo il lungo lutto.

L’Iliade si chiude al verso 804 con il nome di Ettore, mentre si era aperto con il nome di Achille.

 

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