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Enrico VIII e la Riforma nel Regno d’Inghilterra

Enrico VIII e la Riforma nel Regno d’Inghilterra: dalla volontà di Enrico VIII di formare una Chiesa nazionale nasce l’anglicanesimo. Riassunto di Storia schematico e completo per conoscere e memorizzare rapidamente.

Alla base della diffusione della Riforma nel Regno d’Inghilterra ci sono le vicende matrimoniali del re Enrico VIII (1509-1547).

In un primo momento Enrico VIII era apparso come uno dei più strenui paladini del cattolicesimo, meritandosi dal pontefice il titolo di defensor fidei (“difensore della fede”). Fu il suo amore per Anna Bolena a provocarne il distacco da Roma.

Nel 1527, infatti, il re chiese al papa Clemente VII la dispensa per l’annullamento del proprio matrimonio con Caterina d’Aragona, una principessa spagnola che gli aveva dato una figlia (Maria Tudor, soprannominata Maria “la Sanguinaria”) ma nessun maschio.

La richiesta era più che legittima, dato che la mancanza di un erede maschio al trono era stata sempre considerata un motivo validissimo per sciogliere un matrimonio, invece il papa rifiutò, perché l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V era nipote di Caterina ed egli non voleva renderselo nemico: il Sacco di Roma da parte delle sue truppe era un trauma ancora recente.

Enrico VIII cominciò allora a esercitare pressioni sul papa, arrivando alla soppressione dell’indipendenza degli ecclesiastici inglesi e arrogandosi il diritto di nominare i vescovi. Nel gennaio del 1533 sposò Anna Bolena e, nel maggio dello stesso anno, il precedente matrimonio con Caterina d’Aragona fu dichiarato ufficialmente nullo dall’Arcivescovo di Canterbury. Enrico VIII venne scomunicato. Giungeva così a compimento la rottura tra la Chiesa romana e il Regno d’Inghilterra.

Enrico VIII si fece proclamare, con il cosiddetto Atto di supremazia, votato dal Parlamento nel 1534, capo supremo della Chiesa d’Inghilterra (che venne chiamata Chiesa anglicana), vietò il pagamento delle decime a Roma, si arrogò il diritto di scomunicare, designò i candidati all’episcopato, abolì i monasteri, ne incamerò i beni e li rinvendette, assicurandosi così il prezioso appoggio politico degli acquirenti (nobili, mercanti, piccoli e medi proprietari).

Il filosofo Tommaso Moro, già cancelliere del re, rifiutò di aderire alla politica del sovrano e fu decapitato.

Nonostante lo scisma, la neonata Chiesa anglicana manteneva caratteristiche cattoliche: del cattolicesimo, infatti, conservava tutto (dal ruolo del sacerdote alla gerarchia, fatta di preti, vescovi e arcivescovi, dal culto dei santi all’uso delle immagini e dei sacramenti). Coerentemente con questa linea Enrico VIII non trascurò di perseguitare e giustiziare i luterani.

L’apertura dell’anglicanesimo alla Riforma avvenne sotto il successore di Enrico VIII, Edoardo VI (1547-1553), il suo unico erede maschio avuto dalla terza moglie, Jane Seymour, morta di parto.

Edoardo VI, influenzato dall’arcivescovo di Canterbury, Thomas Cranmer, fece approvare il Book of Common Prayer (1549), che pose le basi della liturgia anglicana e in cui il prevalente orientamento luterano conviveva con elementi zwingliani e calvinisti.

Morto Edoardo VI salì al trono la sorellastra Maria “la Sanguinaria” (1553-1558), una fervente cattolica. Nel 1554 fece abrogare l’Atto di Supremazia, diede avvio a una violenta ondata di persecuzioni e restaurò il cattolicesimo.

Morta Maria salì al trono d’Inghilterra la sorellastra Elisabetta I (1533-1603). Nel 1559 Elisabetta I fece approvare dal Parlamento il Secondo Atto di Supremazia e l’Atto di uniformità che riaffermava la riforma liturgica di Edoardo VI. Nei Trentanove articoli di fede, approvati nel 1562, invece, furono fissati i caratteri propri dell’anglicanesimo, una sorta di punto d’incontro tra le diverse posizioni teologiche: la cattolica, la luterana e la calvinista.

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