Il Primo Libro dell’Iliade di Omero inizia con il Proemio: 7 versi che contengono l’invocazione a Calliope, musa ispiratrice del canto e depositaria della memoria mitica. Le chiede di cantare dell’episodio del litigio che divise e contrappose «l’Atride, signore dei popoli, e Achille divino».
L’Atride è Agamennone, figlio di Atreo e comandante supremo dell’esercito greco.
Achille è definito con l’aggettivo «divino»: esso sta a indicare il suo legame con la divinità marina Teti, la madre.
Questo litigio ha determinato l’ira di «Achille, figlio di Peleo», un’ira «rovinosa», perché provocò agli Achei «mali infiniti» (gli Achei, per quanto s’impegnarono nella guerra, ebbero sempre la peggio) e molti «eroi», ovvero nobili guerrieri, morirono: le loro anime sprofondarono nell’Ade (il regno dell’oltretomba, luogo sotterraneo dove le anime vivono come ombre, rimpiangendo la luce del sole e la pienezza vitale), mentre i loro corpi divennero preda di cani e uccelli. Così «si compiva il volere di Zeus».
Cosa ha scatenato la contesa tra Achille e Agamennone?
A capo della contesa c’è il dio Apollo. Egli ha scatenato una pestilenza nel campo degli Achei in seguito all’offesa subita da un suo sacerdote, Crise, che vi si era recato per riscattare la figlia, Criseide, catturata e resa schiava dagli Achei; ma Crise era stato respinto in malo modo da Agamennone, al quale la ragazza era stata assegnata come bottino di guerra.
L’assemblea degli Achei
Al decimo giorno dall’inizio della pestilenza, Achille, ispirato da Era, divinità protettrice degli Achei, convoca l’assemblea degli Achei e avanza la proposta di interrogare un indovino per conoscere le cause della pestilenza che sta decimando il campo greco. Si fa avanti Calcante, il migliore fra gli indovini. Questi, dopo che Achille gli ha garantito che non subirà violenza da nessuno (in particolare da Agamennone) dopo aver svelato il motivo della pestilenza, rivela che ciò che sta capitando è dovuta all’ira di Apollo provocata dall’umiliazione inflitta da Agamennone a Crise, sacerdote di Apollo: la pestilenza cesserà solo quando Criseide sarà restituita, senza riscatto, al padre. Gli Achei dovranno anche offrire un solenne sacrificio di espiazione ad Apollo.
La prepotenza e l’avidità di Agamennone
Agamennone, che deve piegarsi al volere del dio, esplode sdegnato, prima contro Calcante e poi contro Achille.
Agamennone sostiene pubblicamente di amare e stimare Criseide più della propria sposa, Clitennestra. Tuttavia, si dichiara pronto a restituire Criseide al padre se questa è la condizione per salvare l’esercito, ma a un patto: gli sia subito data un’altra prigioniera. Achille obietta che non è corretto sottrarre quello che è spettato a qualcuno solo per soddisfare la sua avidità; Agamennone dovrà attendere la fine della guerra e la caduta di Troia: allora riceverà sicuramente bottini di guerra più vantaggiosi.
Agamennone ovviamente è contrario alla proposta di Achille: secondo il re, Achille parla così solo perché è in possesso del suo bottino; minaccia quindi di prendere l’ancella di uno dei capi greci. Achille, allora, rinfaccia ad Agamennone la sua inettitudine di fronte alla guerra e il fatto che gli altri Achei, lui compreso, stanno lì a combattere per lui una guerra non loro contro un popolo che non ha fatto nessun torto se non al fratello di Agamennone, Menelao, e che quindi gli Achei stanno sacrificando le loro vite per una causa non loro. Eppure a loro spettano doni sempre inferiori rispetto ad Agamennone, avido e vile. Achille minaccia quindi di ritirarsi dalla guerra.
Agamennone decide di prendersi Briseide, già assegnata ad Achille
Agamennone afferma di poter fare a meno di Achille e dichiara che si prenderà Briseide, già assegnata ad Achille.
Spiegazione: il fatto che Criseide venga sottratta ad Agamennone e che questi a sua volta sottragga Briseide ad Achille costituisce un fatto grave. Per un eroe greco, infatti, il bottino è strettamente connesso con l’onore (timé): esso costituisce il riconoscimento del suo valore e lo testimonia davanti a tutti. Il fatto di vedersi sottratta la preda di guerra diventa quindi un oltraggio inaccettabile, perché mette in discussione davanti a tutti gli Achei l’onore dell’eroe.
Torniamo al racconto: Achille sta per colpire il re con la sua spada, ma interviene la dea Atena, inviata da Era, che lo afferra per i capelli appena in tempo e lo invita alla moderazione; Achille, seppur a malincuore, obbedisce, ma sdegnato giura di ritirarsi dalla guerra.
Interviene il vecchio e saggio Nestore (re di Pilo, lo ritroveremo nel Libro III dell’Odissea), che tenta invano di richiamare entrambi a una conciliazione. Ma Agamennone non tollera gli insulti di Achille, il quale a sua volta dichiara che non può accettare ordini dal prepotente sovrano.
Si scioglie l’assemblea e Achille si ritira nella sua tenda.
La partenza di Criseide e la consegna di Briseide
Criseide viene imbarcata su una nave per essere restituita al padre, scortata da un gruppo di Achei sotto la guida di Odisseo (Ulisse). Agamennone intanto fa preparare solenni sacrifici di animali in onore del dio Apollo. Manda poi alla tenda di Achille due messaggeri per farsi consegnare Briseide; Achille non si oppone e chiede all’amico Patroclo di accompagnare fuori la ragazza, che si stacca a malincuore dal suo padrone.
Achille sfoga il suo dolore isolandosi sulla riva del mare; qui invoca la madre divina Teti, che emerge dalle acque per ascoltare lo sfogo del figlio e confortarlo. Teti promette al figlio di portare a Zeus la sua richiesta: che i Greci siano sconfitti e subiscano un massacro presso le navi, perché tutti paghino le conseguenze del comportamento di Agamennone e Achille riceva grandissimo onore.
Teti rivolge a Zeus la supplica del figlio. Il dio resta a lungo incerto, preoccupato per le conseguenze, ma infine acconsente.
Durante il banchetto degli dèi, la moglie Era lo accusa con dure parole di tramare in segreto la sconfitta dei Greci; Zeus si adira, le rivolge minacce e le impone di tacere. Il violento litigio rischia di turbare la gioia del banchetto; interviene allora il dio Efesto, figlio di Era: consiglia alla madre di non contrastare i piani di Zeus e per confortarla le offre una coppa piena della bevanda degli dèi. Il banchetto riprende gioioso, tra le risate allegre degli dèi.
Il racconto continua con Iliade Libro Secondo: riassunto