Ascolta “Omero – Odissea – Libro 1” su Spreaker.
L’Odissea, come l’Iliade, si apre con il Proemio, che comprende l’invocazione alla Musa della poesia epica, Calliope, ispiratrice del canto, e la Protasi, ossia l’esposizione breve e rapida dell’argomento che sarà trattato nel poema: l’avventuroso viaggio di ritorno di Odisseo da Troia a Itaca, impegnato nel ricondurre salvi in patria i compagni; ma questi «con la loro empietà si perdettero». Infatti giunti nell’isola del Sole mangiarono le vacche sacre al dio, macchiandosi di “empietà” e furono puniti con la morte (si anticipa un episodio narrato nel libro XII). La moglie Penelope desiderava ardentemente il ritorno del suo sposo, ma la ninfa Calipso lo tratteneva presso di sé, perché ne era innamorata (Odissea Libro V). E anche quando gli dèi decisero che era tempo che tornasse nella sua isola, Itaca, dovette lottare per riavere la sua casa e il suo regno (nei vv 18-19 sono accennati gli eventi narrati diffusamente a partire dal libro XIV), perché contro di lui si era scatenata la collera del dio Poseidone.
Odissea Libro I: il Concilio degli dèi
La prima scena si apre sul monte Olimpo: tutti gli dèi sono riuniti in concilio. Approfittando dell’assenza di Poseidone che si trova per una cerimonia presso i lontani Etiopi, Atena, la dea che protegge Odisseo, chiede a Zeus perché continui a permettere che Odisseo sia trattenuto lontano dalla sua terra e perché nutra tanto odio per lui.
Zeus precisa che l’unico dio avverso a Odisseo è Poseidone, al quale l’eroe ha accecato il figlio Polifemo (Ulisse e Polifemo). Ma ora – assicura Zeus – è tempo che Odisseo torni in patria e che Poseidone receda dalla sua ira: Contro il volere di tutti gli dèi immortali non potrà lottare da solo.
Atena suggerisce allora di inviare Ermes presso Calipso con l’ordine di lasciare partire l’eroe, mentre lei stessa si assume il compito di scendere a Itaca in soccorso di Telemaco, il giovane figlio di Odisseo. La situazione infatti sta precipitando: è ormai il decimo anno dalla caduta di Troia ed è il quarto anno che Penelope resiste ai Proci che la chiedono in moglie; hanno occupato la sua casa e stanno dilapidando le sue ricchezze; la dea si ripromette di convincere Telemaco a recarsi a Pilo e a Sparta per avere notizie della sorte del padre.
Odissea Libro I: Atena e Telemaco
L’azione ora si sposta nella reggia di Odisseo, a Itaca.
Atena scende a Itaca, assumendo l’aspetto di Mente, re dei Tafi. Telemaco siede nella reggia, turbato, insieme ai Proci (i pretendenti che aspirano a sposare Penelope) che si divertono e gozzovigliano, divorando i beni di Odisseo.
Telemaco accoglie cortesemente l’ospite e lo invita a banchetto. Atena, sotto le apparenze di Mente, dichiara di essere un antico ospite di Laerte, padre di Odisseo; profetizza a Telemaco il ritorno in patria dell’eroe e la possibile vendetta sui Proci. Gli consiglia anche di convocare in assemblea gli abitanti dell’isola e di chiedere pubblicamente ai Proci di andarsene dalla reggia; poi gli suggerisce, per avere notizie del padre, di partire per Pilo, per parlare con il saggio re Nestore, e poi andare a Sparta, dal re Menelao, l’ultimo tra gli Achei a ritornare al suo regno dopo la guerra Troia, quindi potrebbe più di altri avere notizie di Odisseo.
Atena sprona Telemaco all’azione: è cresciuto ed è venuto per lui il momento di mostrare le sue capacità autonome. Gli indica come comportamento esemplare quello di Oreste, che ha acquistato fama tra gli uomini uccidendo Egisto per vendicare l’assassinio del padre Agamennone (per un approfondimento leggi L’uccisione di Agamennone e la vendetta di Oreste).
La dea si congeda da Telemaco «rapida come un uccello»; il giovane si sente rinvigorito e capisce che si è incontrato con una divinità.
Odissea Libro I: Penelope, Telemaco e i Proci
Mentre si svolge il colloquio tra Atena e Telemaco, i Proci, saziata la voglia di cibo e bevande, ordinano all’aedo Femio di cantare le gesta degli eroi, accompagnandosi con la cetra. Femio intona un nóstos, il canto dei ritorni degli Achei da Troia, un ritorno che fu luttuoso, cioè funestato da dolori e da morte, perché tanti, tra gli eroi greci, perirono o subirono diverse traversie durante il viaggio di ritorno in patria.
Penelope ode il canto dell’aedo dalle sue stanze e, scortata da due ancelle fedeli, scende nel mégaron, la grande sala della reggia. Il racconto di Femio, per lei che si strugge di nostalgia e di amore per il marito, è intollerabile perché le rinnova il dolore e l’angoscia. La regina chiede quindi all’aedo di scegliere un altro tema per il suo canto. Telemaco però la invita a rientrare nelle sue stanze e a occuparsi dei lavori riservati alle donne, lasciando a lui il governo della vita della reggia (le parole che Telemaco rivolge alla madre sono le stesse che Ettore ha rivolto ad Andromaca nel libro VI dell’Iliade).
Penelope ritorna nelle sue stanze meravigliata dalla trasformazione del figlio, che per la prima volta si è imposto come uomo e come capo della casa; poi, piange il suo sposo finché non si addormenta.
Telemaco, intanto, si rivolge, con la stessa decisione, ai Proci annunciando loro che l’indomani convocherà l’assemblea degli Itacesi e davanti a tutti li inviterà ad andarsene.
Antinoo, il più superbo e insolente dei Proci, si rivolge a Telemaco con aspra ironia e lo invita a non credersi già re di Itaca. Telemaco replica che, se Odisseo non torna, saranno gli Itacesi a eleggere il proprio sovrano; ma per ora i Proci devono lasciare la sua casa.
Un altro dei Proci, Eurimaco, cerca di sapere chi fosse l’ospite (Atena/Mente) e se ha portato notizie di Odisseo. Telemaco mente.
Tutti si ritirano. Telemaco si distende sul suo talamo, ma non dormirà quella notte, perché sarà intento a progettare il viaggio che gli dèi vogliono per lui.
Il racconto continua: leggi Odissea Libro II L’inganno della tela