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Umanesimo e Rinascimento caratteri generali

Umanesimo e Rinascimento sono tra loro interconnessi e per molti versi sovrapposti.

Dal punto di vista temporale, Umanesimo e Rinascimento si collocano tra la fine del Trecento e la metà del Cinquecento.

Abbiamo preparato Umanesimo e Rinascimento riassunto per rispondere a tutte le vostre domande: che differenza c’è tra Umanesimo e Rinascimento? Quali sono gli aspetti fondamentali dell’Umanesimo? In cosa consiste il Rinascimento? Chi sono i protagonisti?

Umanesimo e Rinascimento riassunto vi permetterà di studiare in modo facile e completo per sostenere senza problemi le vostre interrogazioni, esami e compiti in classe.

Differenza tra Umanesimo e Rinascimento

Più in particolare, il termine Umanesimo definisce oggi principalmente la fase iniziale della cultura umanistica-rinascimentale, cioè grosso modo il periodo che va dalla seconda metà del Trecento alla fine del Quattrocento.

Il termine Rinascimento invece è riferito al periodo immediatamente successivo, dal tardo Quattrocento alla seconda metà del Cinquecento.

Umanesimo: la riscoperta dei classici

L’Umanesimo prese l’avvio con lo studio dei testi latini da parte di Francesco Petrarca (1304-1374), cui seguì lo studio dei testi di letteratura e di filosofia greca rimasti sconosciuti in Occidente nel corso del Medioevo.

Alla visione medievale della vita, che poneva Dio al centro dell’universo e imponeva all’uomo una totale sottomissione al volere e al potere della Chiesa, gli umanisti contrapposero una visione in cui l’uomo è posto al centro dell’universo ed è considerato artefice, padrone del proprio destino, libero di compiere tutto ciò che progetta.

Si diffuse quindi una grande fiducia nell’intelligenza umana; si esaltarono, in particolar modo, la dignità dell’uomo, la sua superiorità sugli altri esseri naturali, le sue innumerevoli capacità creative.

L’Umanesimo ebbe quindi come caratteristica principale la riscoperta dell’uomo attraverso la ricerca e la lettura dei classici latini e greci: le humanae litterae o studia humanitatis, da cui trae appunto origine il termine Umanesimo.

La nascita della filologia

Insieme con la riscoperta dei classici greci e latini, nacque la filologia, cioè la scienza che stabilisce la redazione originaria di un testo, eliminando errori di trascrizione e aggiunte successive, entrambi molto frequenti dato che, fino a quel momento, i libri venivano copiati a mano.

Il fondatore di questa disciplina è considerato l’umanista Lorenzo Valla (1405-1457). Il nome di Valla è legato anche alla celebre questione della donazione di Costantino, un documento con il quale si autorizzava la cessione delle province occidentali alla Chiesa di Roma e che si diceva risalisse al primo imperatore cristiano Costantino.

L’Umanesimo rifiuta la lingua volgare

Non deve quindi meravigliare se in questa atmosfera di entusiasmo per la latinità classica la maggior parte degli umanisti rifiutò di scrivere in lingua volgare. A loro parere, essa poteva essere adatta agli usi pratici ma inadatta all’espressione letteraria. Dante stesso, sebbene elogiato per i concetti espressi nella Divina Commedia, fu da essi aspramente criticato per aver preferito il volgare al latino.

La ripresa del volgare

Nella seconda metà del Quattrocento, però, la lingua volgare tornò a essere la lingua della letteratura. Gli intellettuali si resero infatti conto che il volgare aveva la stessa dignità e le stesse doti espressive del latino.

Alla riaffermazione della lingua volgare concorsero alcuni grandi scrittori e poeti, come Leon Battista Alberti, Lorenzo dei Medici, Angelo Poliziano, Matteo Maria Boiardo, Luigi Pulci, Leonardo da Vinci.

Anche l’invenzione della stampa a caratteri mobili, a opera di Gutenberg, contribuì alla ripresa del volgare, perché consentì una maggiore diffusione dei testi scritti in questa lingua.

Rinascimento: maturazione e massima diffusione degli ideali di vita e di pensiero dell’Umanesimo

Durante l’intero arco del Cinquecento, il Rinascimento portò gli ideali di vita e di pensiero dell’Umanesimo alla piena maturazione e alla massima diffusione.

Al centro della cultura rinascimentale c’è pertanto la piena «rinascita» dell’uomo (da qui il termine Rinascimento). Egli è infatti consapevole della sua intelligenza e delle sue capacità umane di studiare, scoprire, inventare e realizzare progressi. Di qui il conseguente rinnovato interesse per le scienze e la tecnica; ma anche per la morale e la politica, intese come conoscenze indispensabili all’uomo per condurre in modo saggio la vita terrena.

In Italia l’età del Rinascimento, se sul piano sociale, politico, economico è caratterizzata da una grave crisi (perdita della libertà sotto il dominio spagnolo), sul piano culturale raggiunge il suo massimo splendore.

Nell’Italia di questo periodo – e soprattutto a Firenze – si ebbe infatti una straordinaria concentrazione di ingegni quale forse mai si è verificata nella storia dell’umanità:

Raffaello, Michelangelo, Masaccio, Tiziano, Leonardo, Tintoretto, Mantegna, Botticelli e decine di altri grandi maestri nel campo della pittura;

Donatello e Michelangelo nella scultura;

Brunelleschi, Palladio e Bramante nell’architettura;

Pietro Aretino nella prosa;

Poliziano e Ariosto nella poesia;

Machiavelli e Guicciardini nel pensiero storico e politico;

Ficino e Pico della Mirandola nella filosofia;

Paolo da Venezia nella fisica;

Fracastoro nella medicina.

Questi sono ovviamente soltanto alcuni dei nomi – i più celebri – di un lunghissimo elenco di talenti eccezionali.

È questa l’epoca in cui nella pittura (leggi Rinascimento arte) rinascono la prospettiva, il ritratto, il paesaggio, la natura morta; nella scultura si afferma il busto-ritratto e la statua equestre; in campo musicale nasce il madrigale.

È questa anche l’epoca in cui si hanno le prime rappresentazioni teatrali di contenuto profano in italiano. Rinascono infatti la tragedia, la commedia e la pastorale. Per un approfondimento leggi Teatro nel Rinascimento.

 

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